«Tutto ciò che circonda, tutto ciò che vedete, non è merito nostro».
Quello che ci piace di più di Palmento Costanzo, quello che ci ha spinti a scegliere questa tra le cantine che nella carta di frumento hanno il delicato compito di rappresentare la potenza e l’unicità del territorio a cui noi stessi apparteniamo, è il fatto che vedendovi varcare la soglia della loro azienda Mimmo e Valeria Costanzo ci terranno subito a precisarvi proprio questo: «Tutto ciò che vedete non è merito nostro».
È – si sottintende – tutto merito suo: tutto merito dell’Etna.

Ci scherziamo un po’ su, evidentemente. Ma ci sembra il modo migliore per spiegarvi che è esattamente questo che intendiamo quando vi parliamo del valore di “essere naturali”: saper riconoscere la bellezza che incontriamo, la memoria che ci precede, la spontanea perfezione che è racchiusa nella sapienza di ogni ecosistema… e saperlo custodire.
Ecco cosa hanno fatto qui, i Costanzo: hanno avuto il privilegio di imbattersi in un magico fazzoletto di pochi ettari di vigna in Contrada Santo Spirito che al loro arrivo sembravano un microcosmo incontaminato, rimasto miracolosamente intatto attraverso i decenni, in cui centinaia e centinaia di ceppi di vite a piede franco hanno continuato a crescere e a produrre uve di Nerello e Carricante anno dopo anno, incuranti della fillossera, delle guerre e adesso persino del Covid19, forti della generosità delle stratificazioni di quei suoli e della progressione di un’esposizione così fortunatamente esatta da sembrare irreale… e hanno saputo custodirlo.

Passeggiando di fianco alla colata del 1878 attorno a cui si arrampicano gli alberelli vi sembrerà di attraversare il tempo all’indietro, le voci, le storie, e chissà quante vendemmie che hanno insegnato a generazioni e generazioni di vignaiuoli, fino a Mimmo, a Valeria e ai loro figli, la grande arte della pazienza che la pretende la terra.
E ridiscendendo verso la cantina progettata dall’architetto Michele Giannetti dello studio dalpiaz + giannetti architekten di Amburgo, vi sembrerà di attraversare il tempo in avanti, verso quel futuro in cui la ricerca, l’innovazione, la tecnologia, ci saranno d’aiuto soltanto per ridurre al minimo, fino a renderlo invisibile, il nostro impatto su ciò che la natura sa già regolare benissimo da sola, come l’enologo Nicola Centonze lascia che avvenga nel silenzio dell’antico palmento.

Siamo tornati – torniamo spesso e volentieri! – a far visita a Palmento Costanzo per scegliere insieme a Valeria e raccontarvi quali dei loro vini troverete quest’estate da frumento.
A cominciare dal loro primo esperimento di Brut Rosè realizzato con metodo classico da uve di Nerello Mascalese e dal Bianco di Sei – perché sesto è l’Etna tra i Vulcani più attivi del mondo, perché sesto è anche tra i siti siciliani diventati patrimonio dell’Unesco -, un blend con base Carricante e una piccola percentuale di Catarratto che dell’Etna sa evocare allo stesso tempo la spigolosa mineralità dei suoli e la raffinata dolcezza delle ginestre, e che noi già vediamo prendere posto accanto a tutte le nostre pizze dedicate al Mediterraneo.
Ci rivedremo poi in inverno, con la sorpresa dei rossi di contrada, che saranno capaci di riportare tra questi boschi anche voi, tutte le volte che vorrete tornarci!